All’interno della Basilica di Santa Prassede, nel cuore del rione Monti, il Sacello di San Zenone rievoca lo sfarzo dell’antica Bisanzio.

 

In questa basilica romana, infatti, il Papa Pasquale I (817-824) – abate benedettino erede della nobile famiglia romana dei Massimo – fece costruire un piccolo sacello funerario in onore di sua madre Teodora (dal greco,”dono di Dio”), dedicandolo al martire romano San Zenone.

A coloro che hanno avuto modo di visitare Istanbul (l’antica Costantinopolis, poi Bisantium), sembra veramente di ritrovarsi all’interno di un’architettura bizantina: la decorazione musiva che ricopre le pareti del sacello, infatti, è una tra gli esempi più preziosi ed eleganti dell’arte bizantina a Roma. Ma si è di fronte anche ad una rara espressione artistica dell’Alto Medioevo in Roma, dal momento che, molte di queste opere d’arte (affreschi, mosaici, sculture, architetture sacre), verranno successivamente distrutte o modificate dopo il Concilio di Trento (1545-’63) .

La decorazione musiva si trova da subito all’esterno della cappella stessa: prima di accedere nel piccolo cubiculum a base quadrata, infatti, sopra ad un classico architrave si può ammirare una serie di clipei (=ritratti in uno spazio rotondo)  tra cui spiccano l’immagine della Madonna col Bambino, otto sante, Cristo e i dodici apostoli.Praticamente…un arco di trionfo in mosaico vitreo che sottolinea l’aspetto aulico di una corte pontificia culturalmente raffinata e politicamente potente, solo due secoli prima dell’anno Mille… .

Una volta varcata la soglia, si è completamente avvolti nel fascino della corte bizantina: il colore predominante, infatti, è l’oro, poichè l’intenzione era proprio quella di ricreare l’idea di un giardino del Paradiso all’interno di un palatium nobiliare. Mentre il sacello gode di poca luce naturale che arriva, fioca, attraverso le piccole finestre, i mosaici a sfondo oro, invece, illuminano il sacello dall’interno stesso, dando l’idea di essere catapultati in uno scrigno elegante, privato, segreto. In una sola espressione: sacro.

 

Viene istintivo alzare lo sguardo alla volta, a crociera, dove il visitatore viene fissato da quattro arcangeli alati che sorreggono un disco centrale con il simbolo del Pantocrator (=colui che tutto crea) togato, medesima decorazione iconografica di Ravenna (capitale dell’Impero Romano d’Occidente 402-76, nonchè del Regno Ostrogoto e poi Bizantino nel 751)

 

 

Nella parete di controfacciata, poi,si scorge un trono gemmato, con una croce dorata sul cuscino, nonchè i Santi Patroni di Roma, coloro che sostituirono i leggendari Romolo e Remo: il palestinese Simon Pietro e l’anatolico Saulo-Paolo.

 

 

 

Come in Santa Sofia ad Istanbul, tutte le pareti sono completamente rivestite di piccole tessere in vetro dorato per creare un fumetto ieratico all’interno di una vegetazione dal gusto miniaturistico, tipico della fine dell’Alto Medioevo.

Riconosciamo i vari protagonisti rappresentati: sant’Agnese e le sorelle – elegantissime! -Pudenziana e Prassede (una “trinità romana al femminile” in onore di Teodora); la Vergine e San Giovanni Battista; Adamo ed Eva e l’Agnello-Cristo; Mosè ed Elia, nonchè “Lei”, l’episcopa Teodora e suo figlio, il pontefice Pasquale I, gli unici ad essere raffigurati con il nimbo quadrato

 

 

Solo in visita al sacello stesso potrei raccontarvi il motivo per cui i primi Cristiani – come nelle raffigurazioni paleocristiane delle Catacombe –  non rappresentassero la Crocifissione di Cristo e perchè solo Teodora e suo figlio vennero rappresentati con il nimbo quadrato; per quale ragione, ancora, Teodora venisse appellata con l’onoreficenza di “episcopa”; per quale motivo, infine, la cappella venne intitolata al soldato romano San Zenone (o San Zeno), martirizzato sotto Diocleziano nel 304.

 

…ma anche la storia della martire Prassede giustifica per sè la visita a questa basilica romana, mirabile esempio della “grande bellezza” dell’Italia.

 

Tale tesoro della Roma segreta può essere ammirato in uno dei miei tour:

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